E’ di qualche giorno fa il riconoscimento ufficiale dell’OMS della sindrome di BURNOUT, la malattia professionale che colpisce sempre più frequentemente gli appartenenti alle Forze dell’Ordine ed in particolare la Polizia Penitenziaria e ieri si è tenuto un interessante incontro interistituzionale c/o la Sala Conferenze di Palazzo Theodore della Camera dei Deputati, organizzato dall’AISPIS nella persona del suo Presidente Francesca Antonaci e dell’Osservatorio Nazionale per i diritti e la salute dei militari nella Presidente Francesca Beneduce, avente ad oggetto “Cambiamenti radicali come prerogativa per il benessere psicofisico dei militari e delle forze dell’ordine : Dai disturbi post traumatici da stress ai ricongiungimenti familiari”, a cui l’USPP ha dato un contributo rispetto alle dinamiche che ruotano intorno al delicato lavoro degli agenti nelle carceri italiane.
Il Presidente USPP, Giuseppe Moretti: si è soffermato in particolare sull’importanza dell’iniziativa che “va nella direzione ricercata dalla propria organizzazione da anni impegnata a contrastare un fenomeno sempre più ineludibile e evidenziato da drammatici episodi che sono la punta dell’iceberg di un malessere generalizzato e sommerso”.
Per Moretti “l’analisi delle fattispecie cliniche derivanti da eventi traumatici che colpiscono la Polizia Penitenziaria e che destano maggior preoccupazione per gli effetti duraturi nel tempo, sono le aggressioni che si verificano sia tra detenuti che messe in atto dagli stessi nei confronti degli agenti, un male quest’ultimo che rappresenta l’epilogo di rapporti che intercorrono tra custode e custodito”.
“Questi eventi” prosegue il Presidente USPP “unitamente a gesti autolesionistici o ancor più estremi, posti in essere dai detenuti, sono fonte di grandi tensioni di tipo stressogeno essendo anche amplificate dalla difficoltà relazionale dovuta alle condizioni restrittive e di convivenza forzata, potrebbero trovare risposte efficaci attraverso un costante confronto sui temi trattati nell’incontro da esperti che hanno anche ben compreso il potenziale pericolo di un personale non adeguatamente supportato nei momenti critici della propria vita lavorativa.”
Il Presidente Moretti ha quindi sollecitato “l’apertura di centri d’ascolto anonimi presso le Regioni competenti e mettere in campo un sistema di continua informazione e formazione destinato al personale in servizio ma anche a quello che viene arruolato, non basta infatti garantire uno sbocco con un diverso incarico, che di fatto si rileva sempre più spesso come un vero e proprio demansionamento dell’agente interessato da traumi lavorativi, ma bisogna far sentire la vicinanza continua a chi ne è colpito con una rete di relazioni capillare”.
Nell’occasione anche il Vice Presidente Francesco Laura intervenendo per la parte che riguarda chi dirige il personale ha sottolineato come “l’aspetto paternalistico in luogo della rigida applicazione dei regolamenti per chi sbaglia o chi ha difficoltà nello svolgere correttamente il proprio lavoro, è un elemento da non sottovalutare, fermo restando che la chiarezza nell’esposizione dei compiti da svolgere, la congruità del personale che deve effettuare determinati servizi e, non per ultimo, la cura dei luoghi di ristoro (caserme, spacci, mense, palestre), dovrebbero essere deterrenti ordinari di condizioni di affanno che colpiscono ormai con una sistematicità tutti gli operatori della sicurezza, nessuno escluso”.
L’USPP conclude Moretti “è pronta al confronto costante e ritiene fondamentale non nascondere sotto la sabbia i problemi che oggi, nonostante le norme sulla tutela dei lavoratori, le pronunce giuridiche e, non per ultimo le disposizioni delle varie amministrazioni restino solo sterili enunciazioni di principio, perché la Polizia Penitenziaria come le altre Forze dell’ordine e le Forze Armate, non producono beni materiali, ma ciò che rende il motore dello sviluppo della moderna
società produttivo e fiorente”.
Roma, 31.5.2019